Cuculetto il brigante di Penne

La composizione della famiglia D’Angelo

Emidio D’Angelo nacque a Penne il 3 maggio del 1843, da Tommaso, detto Cucùlo, figlio di Cipriano e Angela Di Silvestre e da Angela Rosa Barbacane di Massimantonio e Chiara Spinozzi.
La famiglia di “Tumassine Chicule” oltre che dal capostipite, dalla consorte e dal terzogenito Emidio, era composta da altri cinque figli:
Domenico nato nel rione San Panfilo di Penne l’11 febbraio 1838;
Carlo nato nel 1842;
Luigi nato il 29 aprile 1847 nel rione San Nicola;
Margherita nata il 15 aprile 1849, andata in sposa a Gaetano Scarfagna di Tommaso;
Maria Arcangela nata il 6 aprile 1853, coniugata con Vincenzo Gaudenzio.

La condotta della famiglia D’Angelo

Il giorno 10 dicembre 1873, il vicino di casa dei D'Angelo, Nicola Mariani fu Clemente di anni 54 e vetturale in Penne, interrogato dal Pretore così dichiarò:
… è una famiglia celebre in paese per molti delitti commessi. E’ una stirpe di gente facinorosa e ladra.

Circa la raccolta delle condanne penali passate in giudicato o dei procedimenti pendenti a carico della famiglia D’Angelo ancor prima che Emidio-Cuculetto commettesse gli omicidi, il Pretore di Penne certificava quanto segue:
 “… avendo riscontrato i registri penali dei medesimi, ho rilevato le frequenti imputazioni sul conto degli individui di seguito descritti.

Tommaso D’Angelo fu Cipriano (capofamiglia):

  • Minacce con violenze pubbliche contro un magistrato dell’ordine amministrativo /Sotto Governatore D. Domenico de Blasiis/ costringendolo a non fare atti dipendenti dal suo ufficio;
  • Involamento e distruzione di carte ed altri effetti tenuti in un pubblico archivio, commessi anche con violenza pubblica;
  • Furto di oggetti mobili commesso non clandestinamente, qualificato per la violenza, tempo e luogo sulla persona del Sotto Governatore.

Reati commessi a Penne nella sera dei giorni 1° e 2 dicembre 1860. Gli atti processuali furono trasmessi all’abolita Gran Corte, l’esito non si conosce.

Angela Rosa Barbacane fu Massimantonio (moglie):

  • furto semplice di legna del valore di lire 127,50 commesso in danno di Andrea D’Angelo di Loreto Aprutino, nel mese di Dicembre 1863. Il processo fu rimesso presso il Tribunale di Teramo. Altro non si rileva.

Emidio D’Angelo di Tommaso (figlio):

  • Furto semplice di due paia di caciocavallo del valore scudi 4, in danno di Nicola e Maria Evangelista di Penne nel 14 Aprile 1860; non vi fu luogo a procedimento penale.
  • Minacce con violenze pubbliche contro un magistrato dell’ordine amministrativo /Sotto Governatore/ costringendolo a non fare atti dipendenti dal suo ufficio;
  • Involamento e distruzione di carte ed altri effetti tenuti in un pubblico archivio, commessi anche con violenza pubblica;
  • Furto di oggetti mobili commesso non clandestinamente, qualificato per la violenza, tempo e luogo sulla persona di D. Domenico de Blasiis Sotto Governatore. Reati avvenuti nei dì 1 e 2 Dicembre 1860. L’abolita Gran Corte Criminale con deliberazione del dì 24 Maggio 1861, ordinò per questi predetti carichi, di conservarsi gli atti in archivio sino a nuovi lumi, mettendosi in libertà il D’Angelo.
  • Grassazione mancata, in danno di Francescopaolo e Domenico Liberatore, commessi in giugno 1862. Il Giudice Istruttore con ordinanza del dì 16 Giugno 1863 dispose pel carico anzidetto non darsi luogo a procedimento penale.
  • Furto semplice di legna del valore di lire 127:50 commesso il 31 dicembre 1863 in danno di Andrea D’Angelo di Loreto Aprutino. Per questo reato pende il giudizio innanzi al Tribunale.
  • Minacce verbali fatte con ordine, sotto condizione e con arma, in persona di Emidio Chiarella di Penne il dì 24 Gennaio 1864. Con sentenza del 16 Maggio detto anno fu condannato a due giorni di arresto da scontarsi nel carcere già sofferto.

Domenico D’Angelo di Tommaso (figlio):

  • Furto qualificato pel tempo, in danno di Antonio Tammaro di Napoli, avvenuta a dì 3 e 4 Febbraio 1856. Compilati gli atti furono rimessi all’abolita Gran Corte l’esito s’ignora.
  • Furto semplice di legna del valore di lire 127,50 commesso il 31 dicembre 1863 in danno di Andrea D’Angelo di Loreto.

Luigi D’Angelo di Tommaso (figlio):

  • Furto semplice di legna del valore di lire 127:50 commesso il 31 dicembre 1863 in danno di Andrea D’Angelo di Loreto

Carlo D’Angelo di Tommaso (figlio):

  1. Con decisione del 25 Gennaio 1859, la Corte Criminale abolita, lo condannava a tre anni di prigionia,
  • per furto qualificato per tempo e mezzo, a danno di Massimantonio Calvi, commesso la notte del 20 Novembre 1858;
  • per detenzione d’arma vietata (Pistola) senza licenza per iscritto dalla Polizia; commessa nel giorno 9 Dicembre detto anno.
  1. Con altra decisione del 12 Settembre 1861, l’istessa corte lo condannava ad anni dodici di ferri, alla malleveria di ducati 100 per tre anni, perché ritenuto colpevole:
  • di violenza e minacce contro un Magistrato dell’Ordine Amministrativo/ Sotto Governatore di Penne D. Domenico de Blasiis/, costringendolo a non fare atti dipendenti dal suo Ufficio;
  • d’involamento e distruzione di carte ed altri effetti tenuti in pubblico Archivio / Ufficio di Polizia di Penne /;
  • di furto qualificato per la violenza /numero di persone armate/ pel valore e pel tempo a danno di D. Michele Baicolo, reati commessi nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 1860

Margherita e Arcangela D’Angelo di Tommaso (figlie)

  • non risultano gravate da alcuna reità

Gaetano Scarfagna di Tommaso (genero, marito di Margherita D’Angelo):

  • Porto d’arma vietata/ coltello a molla fissa scoperto a Penne lì 8 Settembre 1871. Gli atti furono rimessi al Tribunale competente, non si conosce l’esito”

Dagli atti si evince che il capofamiglia Tommaso e i due figli più “turbolenti”, Carlo ed Emidio, presero parte a quella che fu definita “la rivolta granaria di Penne del 1860”.
La rivolta di Penne dei primi di dicembre del 1860 non avvenne per motivi politici, ma piuttosto economici.
In seguito all’aumento del prezzo del grano “di vari carlini al tomolo”, decretato in data 1° dicembre, la popolazione pennese che viveva in un periodo di grandi ristrettezze, si oppose, adottando forme di proteste estreme che sconfinarono nella violenza contro le autorità costituite. Per i più facinorosi fu quella anche l’occasione propizia per mettere in atto azioni di veemenza gratuita.

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