L'OMICIDIO DI ANGELO MASSIMO CASELLI

QUINTA PARTE

Corte di Assise di Teramo

INTERROGATORIO DEGLI ACCUSATI


L’anno milleottocentosessantasei il giorno 21 del mese di Luglio in Teramo.
Noi Emilio Donzelli, vice presidente di questo Tribunale, assistiti dal nostro Cancelliere sig. Federico Micheletti.
Veduti gli atti a carico del carcerato Bernardo Sardini.
Veduta la sentenza del dì sei giugno 1866 che pone l’imputato in istato di causa e lo rinvia alla Corte di Assise del Circolo di Teramo.
Veduto l’atto col quale il Pubblico Ministero accusa l’anzidetto imputato di ferita volontaria, per cui è seguita la morte entro i 40 giorni immediatamente successivi al reato in persona di Angelo Massimo Casella, coll’aggravante della recidiva da crimine a crimine.
Veduto l’atto di notificazione fatta all’accusato della sentenza ed accusa sudetta.
Veduti gli art. 444 e 445 del codice di procedura penale, ed in esecuzione di quanto con essi si dispone, abbiamo fatto innanzi di Noi nella sala degli esami tradurre il carcerato libero e sciolto da ogni ligame, il quale domandato delle sue qualità personali ha risposto chiamarsi Bernardo Sardini fu Gioacchino, nato e domiciliato in Penne, di anni 60, contadino coniugato con Grazia Fioravante, illetterato, già processato e condannato.

Interrogato analogamente risponde: “Confermo il contenuto del mio interrogatorio fatto davanti il signor pretore del mandamento di Penne nel giorno diciassette del mese di febbraio ultimo scorso, e non ho da aggiungere niente in proposito”.
Invitato a scegliere un difensore ha risposto di aver prescelto il signor avvocato Achille Ginaldi.

    
L’anno milleottocentosessantasei il giorno 21 del mese di Luglio in Teramo.
Noi Emilio Donzelli, vice presidente di questo Tribunale, assistiti dal nostro Cancelliere sig. Federico Micheletti.
Veduti gli atti a carico del carcerato Pietro Massimiliani.
Veduta la sentenza del dì sei giugno 1866 che pone l’imputato in istato di causa e lo rinvia alla Corte di Assise del Circolo di Teramo.
Veduto l’atto col quale il Pubblico Ministero accusa l’anzidetto imputato di ferita volontaria, per cui è seguita la morte entro i 40 giorni immediatamente successivi al reato in persona di Angelo Massimo Casella.
Veduto l’atto di notificazione fatta all’accusato della sentenza ed accusa sudetta.
Veduti gli art. 444 e 445 del codice di procedura penale, ed in esecuzione di quanto con essi si dispone, abbiamo fatto innanzi di Noi nella sala degli esami tradurre il carcerato libero e sciolto da ogni ligame, il quale domandato delle sue qualità personali ha risposto chiamarsi Pietro Massimiliani fu Antonio, nato a Cellino e domiciliato in Penne, d’anni 29, contadino illetterato, coniugato con Brigida Sardini.

Interrogato analogamente risponde: “Confermo il contenuto del mio interrogatorio fatto davanti il signor pretore del mandamento di Penne nel giorno diciassette del mese di febbraio ultimo scorso, e non ho da aggiungere niente in proposito”.
Invitato a scegliere un difensore ha risposto di aver prescelto il signor avvocato Achille Ginaldi.


Innanzi ai Signori Presidente e Procuratore del Re presso la Gran Corte Criminale Circondariale di Teramo
Signore

supplica della moglie di Casella

La povera Maria Giuseppa Falzani Vedova del fu Angelo Massimo Casella di Penne: siccome nel dì sette Febbraio corrente anno suo marito circa le ore ventiquattro si partì per andare nell’abitazione di campagna di Pasquale Scocchia poco lungi dalla Città dove il marito Angelo Massimo strada facendo s’incontrò con Bernardo Sardini e suo genero Pietro Massimiliani, ed il fu Angelo Massimo salutò il Sardini a cui non accettò il saluto non gli rispose e verso le ore ventiquattro il Casella abboccandosi col detto Scocchia ed indi Scocchia accompagnava il Casella essendo un poco inebriato dal vino, intanto il Sardini con suo genero portassi a frettoloso passo in loro casa ed andarsi ad armare di accetta e pugnale e fece parte nel ritorno che faceva Casella in sua casa, che gli assassini credevasi che tornava solo non avvidde dalle tenebre il compagno Scocchia nell’avvicinarsi strada facendo Casella vidde due uomini impostati e si sentì chiamare il Caselli offrì una presa di tabacco, ma poi gli si scagliò un colpo di accetta. Scocchia si diede in fuga per timore di essere anche lui offeso, intanto il Casella cadde semivivo a terra senza soccorso che da un momento all’altro trovassi a passare un tal nominato Antonio Core che accompagnò a casa il Casella e avvisò il figlio della disgrazia accaduta al padre.

Signore

Il Sardini è ben noto a questa Giustizia per essere stato un celebre ladro e condannato a espiare la pena da ferri intanto vien protetto.
Vi auguro di avere la Giustizia giusta il detto dell’invitto nostro Sovrano la legge è uguale per tutti il tutto tanto L’avrà a grazia.
Penne il dì 16 Settembre 1866
La supplicante è analfabeta

 

VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA

Noi Luigi Fava Presidente della Corte di Assise del Circolo di Teramo.
Mandiamo ed ordiniamo ai nostri Uscieri ed ad ogni altro Usciere richiesto di citare ed assegnare i testimoni appresso indicati a comparire personalmente innanzi la sudetta Corte di Assise nel giorno 24 del mese di ottobre 1866 alle ore 8 a.m. ed in continuazione dovendo essere intesi nella causa a carico di Bernardo Sardini e Pietro Massimiliani accusati di ferita che entro 40 giorni produsse la morte di Angelo Casella.
Saranno avvertiti che non comparendo si adotteranno contro di essi le misure stabilite dalla legge con l’articolo 292 del codice di procedura penale al margine trascritto.
Testimoni da citarsi:
principali a comparire ove lo voglia

  • Falzani Maria Giuseppa, fu Sabatino, moglie dell’estinto Casella.

Testimoni:

  • Scocchia Pasquale di padre incerto
  • Crocetta Colomba fu Giuseppangelo
  • Di Zio Vincenzo di Ciro
  • Di Tonno Nicola fu Vincenzo
  • Lavalle Maria Antonia fu Giovanni
  • Evangelista Mariuccia di Giuseppe
  • Rossi Maria
  • Nardelli Maddalena
  • Toppeta Tommaso
  • D’Angelo Antonio
  • Perrotti Raffaele

Tutti domiciliati in Penne.
Teramo, 14 Ottobre 1866

 

In data 21 Ottobre 1866, il Pretore di Penne Giungli, inviò al Procuratore del Re presso il Tribunale di Teramo, la seguente lettera classificata “Riservatissima”.

lettera riservata

“In riscontro alla riservatissima nota di V. S. Ill.ma in data del 17 Settembre, mi pregio di ragguagliarla di quanto appresso.
Le testimoni Maria Rossi, e Maddalena Nardelli deposero pure nel processo scritto.
Esse sono intime di Antonio di Silvestre, che si è adoperato e si sta adoperando per la impunità di Bernardo Sardini, perché congiunto del medesimo. Ciò, se mal non ricordo, risulta dall’indiziato processo scritto, dove la prego leggere anche la dichiarazione del testimone Sig. Raffaele Andreoli, persona proba di qui, per metterla in confronto coi detti delle nominate testimoni.
Il testimone Raffaele Perrotti è interessato a mentire, perché gl’imputati sono suoi coloni.
I testimoni poi Antonio d’Angelo e Tommaso Toppeta sono giusti gli annessi certificati di perduta fama, e l’ultimo specialmente viene da me ammonito come sospetto.
Mi creda con la massima stima.
Il Pretore di Penne

 

Il Cancelliere
della Pretura di Penne

Certifica che dai registri penali ha verificato che Raffaele Perrotti di Penne siasi gravato della seguente reità:
Produzione di falsi testimoni in giudizio, in pregiudizio di Francesco de Luca, avvenuta nel 30 Agosto 1844. Altro non si rileva.
Si rilascia il presente a richiesta del Sig. Pretore di questo mandamento.
Penne, 20 Ottobre 1866

 

Il Cancelliere
Della Pretura Mandamentale di Penne

Certifica


che Tommaso Toppeta di Penne sia riportato nei registri penali per le seguenti imputazioni.

  • Complicità nel reato di omicidio premeditato in persona di Luigi Nobilio di Penne, commesso nel 2 Settembre 1854. Compilata la istruzione fu rimessa al destino l’esito non si rileva.
  • Furto qualificato pel tempo, luogo, mezzo, valore, e violenza, accompagnata da pubblica violenza in danno di Giuseppe Aristotile nella notte del 19 al 20 dicembre 1859. Omicidio volontario commesso a colpo di arma da fuoco, in persona del predetto Aristotile. Apportazione di armi vietate senza permesso in iscritto dalla Polizia. Reati accompagnati da violenza pubblica avvenuti nella suddetta epoca e commessi con altri individui. Compilata la istruzione fu rimessa all’abolita Gran Corte l’esito non si conosce.
  • Grassazione avvenuta con depredazione eseguita da più individui portatori d’armi apparenti.

Si rilascia il presente a richiesta del Sig. Pretore di questo Mandamento.

 

Il Cancelliere
Della Pretura Mandamentale di Penne

Certifica


che avendo visionato i registri penali, ha rilevato che Antonio d’Angelo cognominato Coculo di Penne vi sia riportato per le seguenti reità.

  • Apportazione d’arma vietata (stile) ferite lievi ed ingiurie verbali in persona di Bernardo Sardini di detto luogo nel 19 Luglio 1843. Compilati gli atti furono rimessi al destino. S’ignora l’esito.
  • Apportazione di arma vietata (coltello a molla fissa) il dì 19 Dicembre 1843. Gli atti furono rimessi al destino, non si rileva l’esito.
  • Furto qualificato pel tempo e mezzo in danno di Stefano Andreoli di Penne avvenuto nel 19 Gennaio 1851. La istruzione fu rimessa alla abolita Gran Corte Criminale e l’esito non si rileva.
  • Complicità nel reato di ratto violento della giovane Serafina Della Pelle, mediante scalata, ed abbattimento di fabbrica che ne chiudeva l’ingresso. Apportazione d’armi vietate (stile e pistole). Tentato omicidio con arma vietata (stile) ed apportazione di essa in persona di Domenico Core. Tentato omicidio con armi vietate (stile) ed apportazione della medesima nella persona di Fulgenzio d’Addazio di Penne. Completate le istruzioni furono rimesse alla abolita Gran Corte e l’esito non si rileva.
  • Percossa lieve scaglio di pietre, e minacce di vita con coltello a piega in persona di Domenico Colangelo nel dì 10 Dicembre 1850. Addì 19 Febbraio di detto anno fu condannato a 29 giorni di detenzione che espiò.

Per la verità ne rilascia il presente a richiesta del Sig. Pretore del Mandamento.
Penne, 20 Agosto 1866

N.B. Il soprascritto viene riportato pure per le altre seguenti imputazioni.
Ferite volontarie con incapacità al travaglio per giorni 20 in persona di Francesco Saverio Iannascoli di Penne.
Ferite volontarie commesse per imprudenza, che han debilitato permanentemente un organo, in persona di Antonio Stringaro, reati avvenuti in dì 16 Aprile 1866. Gli atti sono stati rimessi al Sig. Procuratore del Re, altro non si rileva.
Penne, 20 Ottobre 1866

Pretura Mandamentale di Catignano

Al Sig. Pretore del Mandamento di Penne

Le rimetto il certificato penale sul conto di Antonio d’Angelo di costà.

Certifico io sottoscritto che perquisiti i registri delle precedenti procedure penali esistenti in questa Cancelleria sul conto di Antonio d’Angelo di Penne ho trovato la seguente accusa, cioè:
Ribellione con oltraggi verbali, e con ferite lievi volontarie senza impedimento al lavoro prodotte da armi improprie (coltello a morso) nello scopo d’impedire il proprio arresto, e commessi in persona di un Agente della forza pubblica nell’esercizio delle sue funzioni, Sig. Piero de Rieronginis Luogotenente della Guardia Nazionale di Catignano.
Altri oltraggi con minacce di uccidere non proceduto tra crimini e delitti anche in persona di altro Agente della forza pubblica, il Reale Carabiniere Bulloni Francesco nell’esercizio delle sue funzioni, e commessi anche allo scopo d’impedire il proprio arresto.
Avvenuti in Catignano a dì 3 Maggio 1865.
Il dì 30 Giugno seguente la istruzione fu inviata al Sig. Giudice Istruttore di Teramo, e sebbene tutto era trattata la causa s’ignora l’esito.
In fede il presente è inviato al Sig. Pretore di Penne.
Catignano, 26 Settembre 1866


Innanzi al Sig. Presidente della Gran Corte di Appello di questo Capo luogo di Teramo.

La povera e dispiaciuta vedova Maria Giuseppa Falzani di Civita di Penne 2° distretto di questo Capo luogo.
L’espone che nella sera del sette Febbraio ultimo, circa un’ora di notte, le venne massacrato il defunto suo marito per nome Angelo Massimo Casella, da Bernardo Sardini, e da Pietro Massimiliani di questo luogo senza niun motivo, ai 17 caduto mese di settembre doveva trattarsi la Causa in questa rispettabile Gran Corte ma poscia venne rimessa per oggi per il motivo che non erano stati citati i testimoni a discarico dei colpevoli.
I testimoni a discarico sono:

  • Antonio d’Angelo;
  • Tommaso Toppeta;
  • Raffaele Perrotti;

oltre di due donne messe anche per discarico.
Signore è da risapersi che i primi due testimoni d’Angelo e Toppeta ambedue sono stati sottoposti a pene, come la Signoria Sua potrà verificare nei registri di questa Gran Corte; e ciò nell’abolito Governo, per cui la prego tenerne quel conto che credeva la Signoria Sua della loro deposizione.
Riguardo al terzo testimone Perrotti è da rimarcarsi che i due colpevoli sono coloni del medesimo.
La prego di farli esaminare con molto vigore per far dire la verità, acciò la Signoria Sua possa emanare quella condanna che sarà di giusto come per legge.
La infelice opponente si rimette alla pietà della Signoria Sua.
Tanto spera ottenere a grazia, e giustizia come da Dio.
Teramo 24 Ottobre 1866
La opponente è illetterata come si dichiara

INDIETRO | HOME | AVANTI